Al di sotto di qualche millisievert (mSv), il rischio per la salute non è misurabile e, nonostante i numerosi studi in materia, non c’è alcuna prova di effetti sulla salute derivanti dall’esposizione, anche prolungata, a basse dosi di radioattività, tra le quali rientrano anche quelle da radioattività naturale. Gli effetti che derivano da basse dosi di radioattività sono oggetto di studio. Si tratta di un settore di studi particolarmente complesso, in quanto vanno tenuti in considerazione fattori ambientali e individuali.
Dalle analisi condotte sul personale che opera nelle installazioni nucleari, soggetto a basse dosi di esposizione, non si evidenzia alcuna correlazione tra basse dosi ed effetti sulla salute.​

​La radioattività presenta conseguenze sulla salute soltanto in caso di dosi elevate, a seguito di esposizione prolungata ad alti livelli di radioattività. In base ai principi di radioprotezione, anche le basse dosi vanno ridotte al minimo possibile (ALARA – as low as reasonably achievable). Pertanto, occorre gestire i rifiuti radioattivi in maniera idonea rispetto alla radioattività che contengono, per confinarli ed evitare rilasci nell’ambiente o esposizione della popolazione.​

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A Sogin è affidata la gestione dei rifiuti radioattivi derivanti dalle nove installazioni nucleari italiane, oggi in fase di smantellamento, mentre quelli connessi all’esercizio o smantellamento di reattori di ricerca vengono gestiti dai soggetti che ne hanno la proprietà (Università, enti di ricerca).
I rifiuti radioattivi prodotti dalle strutture sanitarie e di ricerca medica, se non a vita molto breve, vengono raccolti e gestiti attraverso il Servizio Integrato (il sistema di raccolta e gestione dei rifiuti radioattivi sanitari e industriali) composto da alcuni operatori nazionali, tra i quali i più importanti sono: Protex, Campoverde e Nucleco. I primi due raccolgono i rifiuti radioattivi provenienti dalle varie strutture e, nel caso non possano rientrare nei limiti di rilascio (1Bq/g e 75 giorni di emivita), li conferiscono a Nucleco. Quest’operatore è infatti l’unico autorizzato, oltre che alla raccolta, anche al trattamento e allo stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi, in attesa del conferimento al Deposito Nazionale.
Anche i rifiuti radioattivi di origine industriale possono essere gestiti dal Servizio Integrato, specialmente se si tratta di piccole quantità. In altri casi possono essere gestiti direttamente nei luoghi di produzione, in depositi adeguati ed autorizzati. Ne sono esempio i depositi realizzati presso le acciaierie Alfa Acciai (BS) e Beltrame Acciai (VI). Anche questi rifiuti saranno conferiti al Deposito Nazionale per la sistemazione definitiva (rifiuti a bassa attività) o lo stoccaggio di lungo periodo (rifiuti a media e alta attività).
Ogni anno l’ente di controllo ISIN pubblica l’Inventario Nazionale dei rifiuti radioattivi presenti presso i vari produttori/detentori.

​No. I trasporti di sostanze radioattive avvengono ogni giorno, in tutto il mondo, su treno, su gomma o per mare, in condizioni di massima sicurezza.
La regolamentazione internazionale in materia di trasporto dei rifiuti radioattivi detta standard severi, differenti a seconda della pericolosità del rifiuto. Questi riguardano ad esempio il sistema di controlli da parte dell’Ente preposto e i criteri con cui devono essere costruiti i contenitori, in modo da prevenire rischi di rilasci di radioattività, anche in caso di incidente.

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In tutti i Paesi che hanno o che stanno progettando un deposito dei rifiuti radioattivi, si pone attenzione al tema della trasmissione della conoscenza alle future generazioni.
In tale contesto è fondamentale il ruolo delle comunità locali, per la loro conoscenza del territorio e per la possibilità di controllare le attività del deposito nel tempo.
Tecnicamente, la disponibilità di informazioni da trasferire alle future generazioni è garantita dall’utilizzo di dispositivi che consentano l’archiviazione dei dati, cartacea e informatica, e la loro conservazione per lunghi periodi di tempo.

​Il progetto del Deposito Nazionale prevede misure volte ad affrontare un black-out attraverso sistemi di sicurezza, periodicamente verificati, ridondanti e diversificati, per poter garantire livelli di intervento multiplo.

​Si definiscono radioattivi i rifiuti che hanno una concentrazione di radioattività superiore a 1Bq/g e 75 giorni di emivita (definiti limiti di rilascio). In quanto radioattivi, tali rifiuti richiedono un sistema di gestione specifico, finalizzato ad isolarli dall’ambiente. Tutti quei rifiuti la cui radioattività, dopo un periodo di stoccaggio temporaneo, scende al di sotto di quei livelli, diventano rilasciabili, ossia possono essere smaltiti come rifiuto convenzionale.​​

Oltre agli elementi radioattivi, i rifiuti possono contenere anche altri elementi pericolosi, come ad esempio i ‘metalli pesanti’. Questo però non comporterà effetti nocivi sull’uomo e sull’ambiente perché i rifiuti saranno accettati al Deposito Nazionale esclusivamente in forma condizionata, cioè tale da contenere gli elementi pericolosi. Inoltre, i quantitativi di elementi tossico-nocivi ammessi nei rifiuti dovranno essere in concentrazioni inferiori a determinati valori per ciascun elemento. Tali livelli saranno verificati con adeguate analisi di sicurezza. ​

Sì, con l’entrata in esercizio del Deposito Nazionale, che consentirà la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, la gran parte dei depositi temporanei presenti negli impianti nucleari in decommissioning sarà smantellata e i siti, che attualmente li ospitano, restituiti, liberi da vincoli radiologici, alle comunità locali.​

​ll Sistema Informativo del Deposito Nazionale (SIDEN) è lo strumento di cui Sogin si è dotata per la gestione e l'integrazione dei dati e della cartografia, provenienti da database nazionali, regionali e locali. Il SIDEN è un’ampia e corposa banca dati che permetterà di gestire le informazioni in tutte le fasi di realizzazione del Deposito Nazionale (localizzazione, costruzione, esercizio, gestione e chiusura).​

​​Sogin ha applicato una procedura di selezione delle aree in conformità ai criteri dell’ente di controllo ISPRA (oggi ISIN), contenuti nella Guida Tecnica 29, su tutto il territorio nazionale, ispirandosi ai principi di oggettività e indipendenza. Questa procedura ha portato a una proposta di aree potenzialmente idonee, per le quali le amministrazioni coinvolte potranno avanzare manifestazioni d’interesse ad approfondire le indagini, nell’ottica di un’eventuale realizzazione del Deposito Nazionale. La redazione della CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee) è stata possibile attingendo a dati territoriali di alta qualità e aggiornati, validati da fonti nazionali autorevoli.​

L’obiettivo fondamentale del processo di localizzazione del Deposito Nazionale è il raggiungimento di soluzioni condivise con le Regioni e gli enti locali interessati. Nel caso in cui, nonostante tali misure, non si riuscisse ad arrivare nelle fasi di processo e in tempi utili a una soluzione condivisa, il decreto legislativo 31/2010 prevede che si proceda alla definizione dell'intesa con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, cui sarà invitato a prendere parte il Presidente della Regione interessata.​

Nel 2003, il sito di Scanzano Jonico era stato selezionato per la localizzazione di un unico deposito geologico di profondità, sia per rifiuti a media e alta attività che per quelli a bassa attività. In questo caso, invece, si tratta di localizzare un deposito definitivo solo per rifiuti a bassa attività da realizzare in superficie, sulla base dei criteri di localizzazione (specifici per i depositi di superficie) che sono stati indicati nella Guida Tecnica n. 29 dall’Autorità di controllo ISPRA (oggi ISIN). Il rispetto di tali criteri rappresenta una garanzia anche per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti a media e alta attività.​

No, perché sarà realizzato un idoneo sistema di isolamento dei rifiuti dall’ambiente. Nel caso del Deposito Nazionale, le barriere artificiali in serie impediranno il contatto dell’acqua con i rifiuti. Inoltre, il sistema di monitoraggio posto al di sotto delle celle permetterà di rilevare e trattare eventuale acqua di infiltrazione, evitando quindi l’inquinamento del terreno sottostante. ​

Il Deposito Nazionale sarà realizzato all’interno di un’area complessiva di circa 150 ettari, di cui 40 destinati al Parco Tecnologico. I restanti 110 saranno comprensivi non solo delle strutture che ospiteranno i rifiuti, ma anche degli edifici di processo e delle aree di rispetto (non edificabili) necessarie alla movimentazione, alla viabilità e al rispetto di tutti i criteri di sicurezza. Oltre questo confine, i terreni potranno essere utilizzati liberamente. La presenza del Deposito Nazionale, attraverso un sistema di investimenti concordati con le comunità locali, assicurerà un miglioramento infrastrutturale del territorio che permetterà maggiori possibilità per iniziative pubbliche e private. ​

I sistemi per la movimentazione dei manufatti e dei moduli sono progettati con criteri di sicurezza, ridondanze e sovradimensionamenti tali che, qualora si verificasse un guasto o una rottura del sistema, questo sarebbe in grado di non far cadere il manufatto o il modulo e di completare la movimentazione in sicurezza. Per il modulo è stata comunque svolta una valutazione per una caduta da 9 metri, ovvero l’altezza massima di ipotetica caduta in uno spazio esterno: tale calcolo ha concluso che sarebbero pienamente rispettati gli obiettivi di sicurezza imposti per l’operatore in prossimità della caduta, per tutti i lavoratori dell’impianto, per la popolazione e l’ambiente.​

I contenitori dei rifiuti radioattivi utilizzati per i trasporti sono progettati per resistere ai potenziali incidenti durante il trasporto. Anche nel caso di incidente più grave, i rilasci radioattivi nell’ambiente sarebbero comunque inferiori alla soglia di legge e pertanto innocui per l’ambiente e la popolazione. Inoltre, il recupero completo del carico coinvolto avverrebbe in totale sicurezza.​

Nel Deposito Nazionale, come previsto nel decreto legislativo 31/2010, i rifiuti a media e alta attività, saranno stoccati temporaneamente all’interno di un complesso in superficie (CSA, Complesso Stoccaggio rifiuti ad Alta attività) ad esso destinato. Tali rifiuti non potranno rimanere indefinitamente nel sito del Deposito Nazionale perché il CSA non è una soluzione rispondente ai requisiti per la loro sistemazione definitiva. A questo proposito, la maggior parte dei Paesi si è dotata, o si sta dotando, di depositi per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Soltanto nel caso della media e alta attività, i Paesi che hanno limitati quantitativi di rifiuti, stanno studiando la possibilità di individuare una soluzione condivisa fra più Stati.​

I principi di sicurezza dell’IAEA (International Atomic Energy Agency) stabiliscono che le soluzioni di gestione dei rifiuti radioattivi siano commisurate alla pericolosità dei rifiuti stessi. La IAEA raccomanda, infatti, che lo smaltimento dei rifiuti avvenga a profondità via via crescente in maniera direttamente proporzionale all’attività ed al tempo di decadimento dei rifiuti stessi. Infatti, il concetto fondamentale dello smaltimento in sicurezza dei rifiuti radioattivi è il loro isolamento dall’ambiente per il tempo necessario al decadimento della radioattività fino a livelli compatibili con il fondo naturale. I rifiuti a molto bassa e bassa attività decadono a questi livelli in un massimo di tre secoli. Pertanto, possono essere isolati dall’ambiente mediante barriere artificiali che, progettate e realizzate a tale scopo, possono agevolmente durare per il tempo necessario. Il decadimento dei rifiuti a media e alta attività richiede, invece, fino a centinaia di migliaia di anni, e il loro isolamento può essere garantito soltanto da formazioni geologiche impermeabili e in aree tettonicamente stabili per centinaia di migliaia di anni. Per tale motivo, la grande maggioranza dei Paesi europei ha scelto un deposito superficiale per i rifiuti a bassa attività.​

I rischi per i lavoratori in fase di costruzione ed esercizio del Deposito Nazionale saranno comparabili a quelli normalmente attesi per infrastrutture convenzionali di medesime dimensioni e i rifiuti radioattivi condizionati non costituiranno un fattore aggiuntivo di rischio. Tali rischi saranno minimizzati adottando le normali misure di sicurezza usate in ambito convenzionale durante la costruzione e quelle tipiche dell’ambito nucleare durante l’esercizio.​

No. Tutte le faglie attive e capaci (ossia che possono creare deformazione in superficie in caso di terremoto) sono già state oggetto di esclusione nella fase di stesura della CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee), con il criterio di esclusione n. 3 indicato dall’ente di controllo ISPRA (oggi ISIN), nella Guida Tecnica n. 29. Inoltre, le indagini e gli studi di dettaglio che verranno svolti per la qualifica del sito prescelto, consentiranno di caratterizzare opportunamente la potenziale pericolosità sismica del sito. Al contempo, verrà analizzata approfonditamente la struttura geologica dei terreni sottostanti il sito nelle sue componenti geometriche, fisiche e meccaniche. Laddove necessario, saranno adottati adeguati provvedimenti progettuali idonei a garantire la sicurezza del deposito, in funzione dell’assetto geologico del sito che lo ospiterà.​

Il Deposito Nazionale sarà costituito da due strutture differenti: il deposito per lo smaltimento dei rifiuti a bassa attività e quello per lo stoccaggio temporaneo di lungo periodo di quelli a media e alta attività. Il primo deve garantire l’isolamento dei rifiuti per almeno 300 anni, ossia il tempo necessario affinché la radioattività decada a livelli compatibili con il fondo naturale, mentre il secondo deve permettere la conservazione in sicurezza dei rifiuti a media e alta attività per alcune decine di anni, in attesa di un deposito geologico dove sistemarli definitivamente. Il deposito per lo smaltimento si basa dunque su criteri di sicurezza e sull’utilizzo di barriere che assicurano l’isolamento dei rifiuti a bassa attività per tempi secolari. Il Complesso per lo stoccaggio dei rifiuti ad alta attività (CSA) adotta criteri di sicurezza adeguati allo stoccaggio di lungo periodo dei rifiuti a media e alta attività. Tali criteri prevedono l’utilizzo di contenitori speciali (strutture ad alta resistenza e sistemi di movimentazione anticaduta), a loro volta stoccati in edifici appositamente progettati e strutturati, e il controllo e la manutenzione continui di strutture e sistemi.​

La sistemazione definitiva e in sicurezza dei rifiuti a bassa attività non prevede il loro recupero, ma la loro recuperabilità. Infatti, l’eventualità di un recupero di uno dei moduli nelle celle è progettualmente possibile.
Pertanto, nel caso di fenomeni o necessità oggi non prevedibili, è comunque possibile procedere alla riapertura della cella e al recupero del modulo. ​

Il Deposito Nazionale sarà oggetto di un’autorizzazione unica, per la costruzione e l’esercizio, che dovrà essere rilasciata dall’ente di controllo ISIN. Per ottenere l’autorizzazione unica, Sogin dovrà presentare adeguata documentazione, comprensiva degli aspetti di sicurezza documentati nel progetto definitivo, nello studio di impatto ambientale finalizzato alla VIA, Valutazione di Impatto Ambientale, (da cui dovrà scaturire il decreto di Compatibilità Ambientale), e nel rapporto preliminare di sicurezza. Sulla base di questa documentazione, l’ente di controllo ISIN svolgerà l’istruttoria, acquisendo i pareri necessari delle amministrazioni competenti e, in caso di esito positivo, rilascerà l’autorizzazione unica. ​

Per la prima volta in Italia, la localizzazione di un’infrastruttura rilevante da un punto di vista economico, sociale e ambientale prevede, per legge, un processo decisionale partecipato per arrivare a una soluzione condivisa sulla localizzazione del Deposito Nazionale. Con il Decreto Legislativo 31/2010 che definisce l’iter di localizzazione del DNPT e le modifiche introdotte dall’art. 11 del Decreto-legge 181/2023 (c.d. “Decreto Energia”), si prevede il meccanismo dell'adesione volontaria di una o più comunità locali a ospitare un’infrastruttura rilevante per il territorio. In seguito alla pubblicazione dell’elenco delle aree idonee presenti nella proposta di Carta Nazionale Aree Idonee (CNAI) sul sito web del Ministero dell’Ambiente, le Regioni ed enti locali, di tutto il territorio nazionale, interessati a ospitare l’opera, possono avanzare la propria autocandidatura non vincolante. Per le Regioni ed enti locali interessate il cui territorio non ricada nelle aree idonee, l’autocandidatura deve essere accompagnata dalla richiesta di rivalutazione per verificarne la relativa idoneità. Lo stesso iter è previsto per le strutture militari che, per il tramite del Ministero della Difesa, potranno presentare la loro autocandidatura. ​

Attualmente esiste un solo deposito geologico in esercizio al mondo, il Waste Isolation Pilot Plant (WIPP) negli Stati Uniti, che raccoglie i rifiuti di origine militare. In Europa, sia la Svezia che la Finlandia hanno definitivamente individuato il sito dove realizzarlo – rispettivamente Östhammar e Olkiluoto. Anche in Francia è in fase di licensing il progetto per la realizzazione di un deposito geologico sul sito di Bure, ai confini tra i dipartimenti della Mosa e dell’Alta Marna, dove è già attivo il laboratorio sotterraneo propedeutico al deposito definitivo. La Svizzera realizzerà un unico deposito geologico di profondità, nell’area già individuata di Nordlich Lägern, per tutte le categorie di rifiuti radioattivi. In Germania, in Ungheria, nel Regno Unito e nella Repubblica Ceca è in corso l’iter di localizzazione. In attesa della disponibilità del deposito geologico, la cui realizzazione comporta comunque tempi lunghi, tali Paesi continueranno a stoccare i rifiuti a media e alta attività in depositi temporanei, spesso centralizzati. I Paesi che producono modeste quantità di rifiuti radioattivi a media e alta attività partecipano a programmi comunitari per la definizione di uno o più depositi geologici. Il decadimento dei rifiuti a media e alta attività richiede tempi fino a centinaia di migliaia di anni, per cui la loro sistemazione definitiva va realizzata in opportune formazioni geologiche (graniti, argille, salgemma) stabili per tempi comparabili. Nei progetti internazionali attualmente in corso, è previsto che i contenitori vengano posizionati in gallerie ricavate a grande profondità (400-500 m), collegate da un corridoio di accesso per l'ingresso dei manufatti. Successivamente le gallerie verranno sigillate e, completato il riempimento, dopo il periodo di circa un secolo di controllo istituzionale, il Deposito verrà chiuso definitivamente e le strutture di superficie smantellate.​

La trasmutazione è una tecnologia finalizzata a ridurre drasticamente la radiotossicità dei rifiuti radioattivi a lunga vita (principalmente plutonio ed attinidi minori) provenienti dal combustibile esaurito degli impianti nucleari. Per raggiungere questi obiettivi la soluzione tecnologica è possibile con acceleratori o reattori veloci di IV generazione. Una volta che tale tecnologia sarà disponibile su larga scala, verrà applicata per trasformare un elemento o il suo isotopo in un altro mediante il bombardamento con neutroni veloci, consentendo così di ridurre i tempi di decadimento dei materiali radioattivi.​

La CNAI (Carta Nazionale delle Aree Idonee) è lo strumento previsto dal Decreto Legislativo 31/2010 per recepire le osservazioni e proposte tecniche raccolte nella Consultazione Pubblica e nel Seminario Nazionale sulla CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee), e per aggiornare la situazione rispetto ai nuovi dati disponibili.
Il 13 dicembre 2023, il MASE ha pubblicato sul suo sito un comunicato con l’elenco delle 51 aree idonee presenti nella proposta di CNAI. Tale elenco è stato fornito sulla base della proposta di CNAI redatta da Sogin e approvata da ISIN. Dette aree, in quanto non escluse dall’applicazione dei criteri emanati dall’ISIN e riconosciuti in ambito internazionale, sono idonee alla ricerca di un sito per ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico.
La CNAA (Carta Nazionale delle Aree Autocandidate) è stata introdotta dal D.L. 181/2023 (“Decreto Energia”) ed è lo strumento che consente di recepire le autocandidature presentate dalle Regioni e dagli enti locali di tutto il territorio nazionale. Nel caso di aree non presenti nell’elenco della CNAI, o delle strutture militari autocandidatesi per il tramite del Ministero della Difesa, per essere inserite nella CNAA queste dovranno superare le necessarie verifiche tecniche che ne valutino l’idoneità.

La procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) introdotta dall’art.11 del D.L. 181/2023 (Decreto Energia) sulla proposta di CNAA (Carta Nazionale delle Aree Autocandidate) o, nel caso di un’eventuale assenza di autocandidature, sulla proposta di CNAI (Carta Nazionale delle Aree Idonee), rappresenta un’azione preventiva di tutela e integrazione ambientale che arricchisce l’iter sancito dal Dlgs. 31/2010.
La procedura di VAS permetterà di affiancare le analisi di siting per la verifica dell’idoneità delle aree CNAA o CNAI, con ulteriori valutazioni volte a valorizzare lo sviluppo sostenibile dei territori in cui esse si trovano in termini ambientali, sociali ed economici.
L’iter di localizzazione del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico con l’introduzione della VAS prosegue il percorso verso una decisione partecipata e condivisa, grazie a un processo che accompagna l’adozione/approvazione della proposta di CNAA/CNAI e si estende anche alle fasi di attuazione e gestione, con la previsione e realizzazione del programma di monitoraggio. ​